Santa Maria delle Grazie

La testimonianza più antica che attesta la presenza della angusta chiesa su questo territorio risale all’anno 987. Infatti in una pergamena dell’epoca si legge: «Dominus Stephanus venerabilis igumenus…» e ancora: «iuxta ecclesiam S. Stephani prothomartyris de arcu hereticorum». In essa si dice che in prossimità della chiesa del Protomartire Santo Stefano viene dato in concessione un pezzo di terra.

La chiesa parrocchiale di Santa Maria delle Grazie si erge al centro della Piazza di Santo Stefano ed è collocata sull’arteria stradale che da Napoli conduce ad Aversa. Sul suo portale si legge un’epigrafe in lingua latina dettata da Marino Guarano che tradotta in italiano recita così:

Per esercitare ufficialmente il culto religioso il tempio una volta eretto dal Comune dei melitesi con lo stesso Casale da tempo, però, cadente ed angusto i suoi cittadini, acquistati terreni e fabbricati a spese pubbliche, più esteso e più spazioso, lo fecero ricostruire dalle fondamenta a patto che la cura medesima spettasse per sempre a se stessi e ai propri figli, oltre ai diritti della fondazione. A.D. 1771

Come si evince da questa scritta l’attuale parrocchia sorge su una preesistente chiesa cadente.

L’origine del luogo di culto è alquanto oscura e scarsissime sono le notizie che ci sono pervenute. Sappiamo di certo che fu demolita e che dell’arredo interno, tra le altre cose, furono salvati il quadro su legno di Maria Santissima delle Grazie. Questo testimonia che in questo piccolo borgo come negli altri villaggi limitrofi si diffuse sin dal basso Medioevo il culto della Madonna delle Grazie. Ma della chiesa preesistente furono messe al sicuro anche l’antica effige intonacata e la statua di Santo Stefano.

Nel libro: Cenno storico di Melito in Campania, scritto nel 1902 dal parroco Reverendo don Gennaro Iaccarino si legge che quando si costruì la nuova chiesa l’immagine dipinta sull’intonaco del Protomartire fu staccata e, tutta intera messa in una nicchia del Cappellone detto del Purgatorio.

Tutto ciò dimostra quanto grande fosse la devozione dei melitesi per Santo Stefano, la cui statua oggi si può ammirare in tutto il suo rinnovato splendore.

La preziosa scultura lignea fu eseguita nel 1675 dall’artista Angelo Picani, lo stesso che scolpì la statua di San Giuseppe nella chiesa napoletana di Sant’Agostino alla zecca. Nella prima metà del XVIII secolo le visite pastorali degli arcivescovi nei Casali a Nord di Napoli si intensificarono e, particolarmente attivo fu l’illustre prelato Giuseppe Spinelli; egli nel 1743 visitò la chiesa melitese e ne denunciò in una relazione lo stato di abbandono e l’inadeguatezza. Il 19 maggio 1743, emanò un severo decreto col quale comandava l’Università (il Municipio) del Casale di erigere una nuova fabbrica.

Il 27 marzo del 1757 nella Congrega di Santa Maria di Piedigrotta si riunì gran parte della popolazione e alla presenza del Sindaco Nicola Russo e dei due eletti: Gennaro Viglione e Gaetano Bellotti. I presenti per alzata di mano approvarono due proposte:

– Riedificare la Chiesa parrocchiale sull’area dell’antico tempio;

– Incaricare l’ingegnere Nicola Carletti dell’elaborazione del Progetto.

Il 30 maggio, quindi, con una certa celerità, il Carletti presentò il suo lavoro al presidente della Regia Camera della Sommaria, Filippo Corvo. Nella breve, ma, dettagliata relazione, egli faceva presente le due più grosse difficoltà: l’esiguità del terreno edificabile e le limitate risorse finanziarie disponibili.

Il Carletti, che aveva precedenti esperienze come ingegnere militare profuse tutte le sue energie e un lodevole impegno nello studio e nella messa a punto del progetto mostrando, così, di sentire intimamente il problema umano e spirituale della costruzione di una nuova parrocchia per i melitesi.

Il 30 luglio del 1757 la direzione dei lavori fu affidata all’architetto Giuseppe Astarita che approvò sostanzialmente tutto il progetto del Carletti. Ma, l’Astarita che si mostra d’accordo sulla parte tecnica, mostra perplessità solo sui costi preventivati dall’ingegnere in 9.000 ducati e innalza la stima a 12.000 ducati.

Il 24 maggio 1758 Mons. Innocenzo Sanseverino, Vicario Generale di Napoli e vescovo titolare di Filadelfia, autorizzava il Parroco di Melito, Don Nicola Donadio a benedire la prima pietra. Nell’attesa che la costruzione fosse ultimata, la cura parrocchiale fu trasferita nella chiesetta di San Nicola, situata in località detta dell’Ormitella, Olmitello o Olmetella e di proprietà delle monache domenicane dei Santi Pietro e Sebastiano.

La chiesa madre S. M. delle Grazie
La chiesa madre S. M. delle Grazie

Finalmente la fabbrica religiosa fu ultimata dopo ben 17 anni di lavori. «Sabato, 23 dicembre 1775 D. Annibale Schiavetti, canonico della Collegiata di S. Giovanni Maggiore, subdelegato da D. Gaetano Vitolo, avvocato fiscale del Tribunale di S. Visita, benediceva la nuova parrocchia». A Natale si celebrò con una solenne liturgia tra fumi di profumato incenso il Te Deum di ringraziamento in onore della ricostruita Chiesa di Santa Maria delle Grazie.

Tutta la comunità del Casale accorse per festeggiare l’evento tanto atteso, senza dubbio orgogliosa di una nuova Parrocchia, la cui bellezza unita all’originalità architettonica suscitava l’ammirazione dei pellegrini e dei visitatori che dalla città di Napoli, capitale del Regno dei Borbone, si recavano nell’agro aversano. Si dice che lo stesso sovrano transitasse per la via Regia e che furono piantati due lunghi filari di platani nella zona di Scampia prima dell’ingresso al Casale di Melito per dare frescura al re e al suo seguito che si recavano a caccia in quelle terre e nella famosa reggia vanvitelliana di Caserta.

L’architetto Giuseppe Astarita, allievo del famoso Luigi Vanvitelli, portò a compimento qui, in un umile Casale di periferia, una delle sue opere più belle, simile nell’originale facciata concava con influenze di un gentile rococò alla piccola chiesa di San Raffaele a Materdei, costruita nel 1756. All’Astarita viene riconosciuto il merito di aver sfruttato bene il ristretto suolo edificabile e di aver compensato tale limite innalzando verso l’alto la costruzione.

Nel corso degli anni si sono succedute varie opere di restauro le cui spese sono state costantemente suddivise tra i vari sindaci che si sono alternati nei secoli e dai fedeli melitesi che hanno mostrato nel tempo con donazioni e sacrifici una dedizione particolare al loro più prezioso bene monumentale.

Attualmente la chiesa di Santa Maria delle Grazie avrebbe bisogno di un restauro totale e il rinnovamento appare, oggi, più urgente che mai. Purtroppo in un contesto così degradato i piccoli interventi di routine servono a ben poco.

Questo prezioso bene monumentale rappresenta ancora il cuore della cittadina; esso è il centro di un nucleo abitativo e spirituale che negli ultimi anni è stato fortemente soffocato da forti e consistenti flussi di immigrati provenienti dalla città di Napoli e dai quartieri limitrofi.

Restaurare la chiesa di Santa Maria delle Grazie, riportare all’antico splendore un gioiello dell’architettura settecentesca di scuola vanvitelliana equivale a ricostruire la storia religiosa di questa cittadina che cerca disperatamente tra mille e mille difficoltà di non perdere la propria identità culturale.

Le sue mura, le sue tombe, i suoi arredi sono il grande libro dove è scritta la vita religiosa e civile di tutti i melitesi. Un pezzo di Storia narrante, un patrimonio inestimabile che racchiude il passato di Melito, assolutamente da conservare e preservare alle generazioni future.

da: ISTSTUDIATELL